MARGHERITA PORETE. Una voce tra le fiamme
🗓 Venerdì 21 Febbraio 2025
🕙 Ore 18.00
📍Raccolta card. G. Lercaro, via Riva di Reno 57, Bologna
Introduzione alla figura, al libro, al rogo di Marguerite detta Porete a cura di Francesca Barresi (FTER - Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, DREST – UniMoRE)
A seguire:
Spettacolo Teatrale “Fuoco di Fuoco” di e con Monica Palma. A causa di Margherita Porete
🗓 Venerdì 21 Febbraio 2025
🕙 Ore 18.00
📍Raccolta card. G. Lercaro, via Riva di Reno 57, Bologna
Introduzione alla figura, al libro, al rogo di Marguerite detta Porete a cura di Francesca Barresi (FTER - Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, DREST – UniMoRE)
A seguire:
Spettacolo Teatrale “Fuoco di Fuoco” di e con Monica Palma. A causa di Margherita Porete
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Forwarded from Machiavelli
💻 BLOG - Vance: "L’Europa non può vincere se perde i suoi valori democratici"
✍️ di JD Vance
📣🇺🇸 Ecco la traduzione italiana integrale del discorso che J.D Vance, vice-presidente degli Stati Uniti d'America, ha tenuto alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco lo scorso 14 febbraio 2025.
Leggi il testo qui👉 https://www.centromachiavelli.com/2025/02/15/jd-vance-discorso-munich-security-conference-in-italiano/
✍️ di JD Vance
📣🇺🇸 Ecco la traduzione italiana integrale del discorso che J.D Vance, vice-presidente degli Stati Uniti d'America, ha tenuto alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco lo scorso 14 febbraio 2025.
Leggi il testo qui👉 https://www.centromachiavelli.com/2025/02/15/jd-vance-discorso-munich-security-conference-in-italiano/
Siamo molto superficiali, io e voi. Non andiamo ben addentro allo scherzo, che è più profondo e radicale, cari miei. E consiste in questo: che l'essere agisce necessariamente per forme, che sono le apparenze ch'esso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà. Un valore che cangia, naturalmente, secondo l'essere in quella forma e in quell'atto ci appare. E ci deve sembrare per forza che gli altri hanno sbagliato; che una data forma, un dato atto non è questo e non è cosí. Ma inevitabilmente, poco dopo, se ci spostiamo d'un punto, ci accorgiamo che abbiamo sbagliato anche noi, e che non è questo e non è cosí; sicché alla fine siamo costretti a riconoscere che non sarà mai né questo né cosí in nessun modo stabile e sicuro; ma ora in un modo ora in un altro, che tutti a un certo punto ci parranno sbagliati, o tutti veri, che è lo stesso.
- Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
- Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
17 Febbraio 1998, moriva, dopo 102 anni di vita, Ernst Jünger. Scrittore, filosofo, soldato.
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Sono molti quelli che hanno sentito la felicità che si offre laggiù, vicino ai morti. Lì non c'è bisogno della droga: la presenza è intensa. Del resto, la «presenza» è la forma intensa dell'«attimo». L'attimo è la coppa, la presenza il vino.
- Ernst Jünger
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Sono molti quelli che hanno sentito la felicità che si offre laggiù, vicino ai morti. Lì non c'è bisogno della droga: la presenza è intensa. Del resto, la «presenza» è la forma intensa dell'«attimo». L'attimo è la coppa, la presenza il vino.
- Ernst Jünger
Non è successo niente. Tu, Dio, m’hai perduto,
che non devi sognare perché hai tutto.
Ingenuo, stupido Lot, che non si era voltato!
Coraggio che ha coraggio da sé si taglia il sudario.
Sono un po’ stanco. Cercami finché posso
ancora esser trovato, come la cosa che cresce
nel circolo, nel cerchio degli infiniti vertici,
come un letto che è assurdo (perché Procuste non c’è).
Perché non c’è Procuste. Tutto questo è esistito
forse, ma non piú ora! (In cielo dimora il non essere?)
Il matto tarlo si trapana nella sua opera
dall’altra parte, fuori; sarà già oltre la bibbia.
Non la mia morte, ma dico uno stupore che si spegne,
dico solo una pietra, greve sulla parola,
pietra di tomba, pietra come tante,
che si sgretola e muore, a essere pronunziata.
Allegramente siamo stati pronunziati.
Suonare, sussurrare, tacere, tremare – ma a dove?
L’andare è morto. Morta la meta. Solo uno scimmiottare
vive, che ormai da tanto ci sa a memoria.
Oh, non dico di me, ma dico un futuro di ruderi
che si seppelliranno. E notte che si fa giorno.
Dico il braccio di Dio, ormai diventato una frusta.
Dico la sua salvezza, di cui restiamo incerti.
- Jiří Orten
che non devi sognare perché hai tutto.
Ingenuo, stupido Lot, che non si era voltato!
Coraggio che ha coraggio da sé si taglia il sudario.
Sono un po’ stanco. Cercami finché posso
ancora esser trovato, come la cosa che cresce
nel circolo, nel cerchio degli infiniti vertici,
come un letto che è assurdo (perché Procuste non c’è).
Perché non c’è Procuste. Tutto questo è esistito
forse, ma non piú ora! (In cielo dimora il non essere?)
Il matto tarlo si trapana nella sua opera
dall’altra parte, fuori; sarà già oltre la bibbia.
Non la mia morte, ma dico uno stupore che si spegne,
dico solo una pietra, greve sulla parola,
pietra di tomba, pietra come tante,
che si sgretola e muore, a essere pronunziata.
Allegramente siamo stati pronunziati.
Suonare, sussurrare, tacere, tremare – ma a dove?
L’andare è morto. Morta la meta. Solo uno scimmiottare
vive, che ormai da tanto ci sa a memoria.
Oh, non dico di me, ma dico un futuro di ruderi
che si seppelliranno. E notte che si fa giorno.
Dico il braccio di Dio, ormai diventato una frusta.
Dico la sua salvezza, di cui restiamo incerti.
- Jiří Orten
NEVE SU FOGLIE VERMIGLIE
- Dōgen Zenji, Casadei Libri, Roma (2024)
Poesie scelte del maestro zen Dōgen commentate da Shohaku Okomura, con le calligrafie di Norio Nagayama e la traduzione di Michel Gauvain e Lorenzo Casadei. Il candore della neve rappresenta l’unicità (l’unità) mentre i colori vivaci delle foglie la molteplicità. Ogni albero ha la sua natura unica, per forma e altezza, con i suoi fiori e frutti ed i colori delle sue foglie. Unità e molteplicità convivono. Come possiamo esprimere questa compenetrazione delle realtà assoluta con la realtà convenzionale. Questo è uno dei punti essenziali dello studio e della pratica del Dharma. Come esprimere l’unità di tutte le cose nella miriade di fenomeni che incontriamo? E questa è la ragione per prendere l’espressione a titolo della raccolta.
#ConsigliDiLettura
- Dōgen Zenji, Casadei Libri, Roma (2024)
Poesie scelte del maestro zen Dōgen commentate da Shohaku Okomura, con le calligrafie di Norio Nagayama e la traduzione di Michel Gauvain e Lorenzo Casadei. Il candore della neve rappresenta l’unicità (l’unità) mentre i colori vivaci delle foglie la molteplicità. Ogni albero ha la sua natura unica, per forma e altezza, con i suoi fiori e frutti ed i colori delle sue foglie. Unità e molteplicità convivono. Come possiamo esprimere questa compenetrazione delle realtà assoluta con la realtà convenzionale. Questo è uno dei punti essenziali dello studio e della pratica del Dharma. Come esprimere l’unità di tutte le cose nella miriade di fenomeni che incontriamo? E questa è la ragione per prendere l’espressione a titolo della raccolta.
#ConsigliDiLettura
18 Febbraio 1229
L'imperatore Federico II, detto lo "Stupor Mundi" e il sultano Muhammad al-Kamil, lo stesso che dieci anni prima aveva incontrato San Francesco d'Assisi, siglano la Pace di Giaffa, grazie alla quale i cristiani ritornano padroni di Gerusalemme senza che alcuna goccia di sangue, cristiana o musulmana, venga versata.
L'imperatore Federico II, detto lo "Stupor Mundi" e il sultano Muhammad al-Kamil, lo stesso che dieci anni prima aveva incontrato San Francesco d'Assisi, siglano la Pace di Giaffa, grazie alla quale i cristiani ritornano padroni di Gerusalemme senza che alcuna goccia di sangue, cristiana o musulmana, venga versata.
Non ho camminato nei tuoi sogni,
né mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva o meglio cominciava
a piovere (questo verso
lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere, come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell’autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene
(però mancava sempre un verso o una rima
per essere felice).
- Boris Ryžhy
né mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva o meglio cominciava
a piovere (questo verso
lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere, come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell’autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene
(però mancava sempre un verso o una rima
per essere felice).
- Boris Ryžhy
Perché si agitarono le genti e i popoli meditarono cose vuote? Si presentarono i re della terra e i principi si riunirono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo: Spezziamo le loro catene e gettiamo via da noi il loro giogo! Colui che abita nei cieli li deriderà, il Signore si farà beffe di loro.
- Atti
- Atti
ROSA E MORTALE
- Francisco Umbral, Medhelan Edizioni, Milano (2025)
Pubblicato nel 1975 e considerato tra i capolavori di Umbral, Rosa e Mortale è una tenera elegia dell’infanzia, un diario intimo dell’autore alle prese con l’esperienza della paternità e della tragica morte del figlio a soli sei anni. L’opera, fin dal titolo, ispirato al verso di Pedro Salinas «questa corporeità mortale e rosa dove l’amore inventa il suo infinito», racconta l’incanto dell’uomo dinanzi all’infanzia. Quell’infanzia «di cui non sappiamo mai nulla» si palesa per intero allo scrittore attraverso l’esperienza del figlio. Avviata ben prima della scoperta della malattia del bambino (nella sua prima stesura si sarebbe dovuto intitolare “Sto sentendo crescere mio figlio”), l’opera di Umbral si configura come un incessante flusso linguistico che spesso trasforma la prosa in poesia e la razionalità in irrazionale contemplazione del mistero della vita e della morte.
#ConsigliDiLettura
- Francisco Umbral, Medhelan Edizioni, Milano (2025)
Pubblicato nel 1975 e considerato tra i capolavori di Umbral, Rosa e Mortale è una tenera elegia dell’infanzia, un diario intimo dell’autore alle prese con l’esperienza della paternità e della tragica morte del figlio a soli sei anni. L’opera, fin dal titolo, ispirato al verso di Pedro Salinas «questa corporeità mortale e rosa dove l’amore inventa il suo infinito», racconta l’incanto dell’uomo dinanzi all’infanzia. Quell’infanzia «di cui non sappiamo mai nulla» si palesa per intero allo scrittore attraverso l’esperienza del figlio. Avviata ben prima della scoperta della malattia del bambino (nella sua prima stesura si sarebbe dovuto intitolare “Sto sentendo crescere mio figlio”), l’opera di Umbral si configura come un incessante flusso linguistico che spesso trasforma la prosa in poesia e la razionalità in irrazionale contemplazione del mistero della vita e della morte.
#ConsigliDiLettura