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Sintesi dell'udienza di Maja dell'8 ottobre e prossime udienze

Dalle 7 del mattino si è tenuta una nuova manifestazione di solidarietà per Maja.
A causa di sostanze maleodoranti e irritanti sparse sul luogo da alcuni nazi, i manifestanti si sono spostati più avanti, vicino al carcere.
L’auto del presidio è stata imbrattata dai fascisti, una cinquantina dei quali erano anche presenti davanti al tribunale.
All’interno, l’aula era gremita di giornalisti – tra cui media tedeschi e italiani – e di sostenitori. Alcuni fascisti sono riusciti a entrare in aula, dove il processo si è svolto ancora una volta in una stanza molto piccola.

Maja è stata portata in aula alle 8:53. Un uomo ha cercato di filmarla con il cellulare ed è stato allontanato.
Tra il pubblico erano presenti anche Dudog, uno dei fascisti coinvolti, e sua moglie. Da fuori si sentivano cori di solidarietà: “Free Maja!” e “Amore e forza a te in carcere!”
Come da programma, la giornata è stata dedicata all’interrogatorio del testimone (Tamas) e all’esame di nuovi materiali video provenienti dalla Germania, riguardanti altri imputati.

Il confronto tra Tamas e la coppia fascista
Tamas, il neonazista Dudog e sua moglie sono stati messi a confronto per chiarire contraddizioni nelle loro versioni.
Tamas aveva dichiarato che sulla giacca di Dudog c’erano simboli nazisti, mentre quest’ultimo ha portato in aula una giacca “pulita”, sostenendo che non vi fossero toppe. La moglie ha aggiunto che la polizia aveva già controllato i vestiti subito dopo i fatti. Tuttavia, nei video proiettati in aula si vede chiaramente un teschio delle SS sul berretto di Dudog, che lui ha definito “apolitico”.
Le versioni differivano anche riguardo all’aggressione: la donna sosteneva di essere stata colpita e svenuta, mentre Tamas ha detto di non aver visto nulla di simile, solo Dudog aggredito brevemente. Ha ribadito di aver raccontato ciò che ha visto senza motivazioni politiche. Il giudice ha considerato il confronto solo parzialmente risolutivo.

Proiezione dei video e documenti

Successivamente sono stati letti e proiettati lunghi rapporti della polizia tedesca e ungherese.
Le immagini erano di qualità pessima e spesso non identificabili: il tribunale e la procura cercavano di ricostruire spostamenti di diverse persone – Gabriele, Ilaria, Clara e Hanna basandosi su fotogrammi presi da tram, bar o telecamere di sorveglianza.
Nonostante in molti video non si riconoscesse nessuno con certezza, venivano fatte ipotesi e accuse. Maja veniva menzionata solo due volte, in modo marginale, ma anche in un’occasione deadnamed.
I resoconti risultavano disordinati e contraddittori, con molti riferimenti poco chiari.

Discussione sulla custodia cautelare

Verso fine udienza, l’avvocato di Maja ha chiesto che la custodia cautelare venga revocata e sostituita da libertà vigilata con cauzione, sottolineando che Maja è in isolamento da 18 mesi, ha sempre rispettato le regole e che il lungo sciopero della fame era stato un gesto di disperazione per le condizioni carcerarie.
La procura si è opposta, sostenendo che esiste ancora rischio di fuga e di recidiva, citando casi di altri imputati fuggiti o non estradati. Ha aggiunto che Maja non riconoscerebbe la giustizia ungherese e che le manifestazioni di solidarietà fuori dal tribunale dimostrerebbero i suoi legami con “ambienti antifascisti”.
Il tribunale ha respinto la richiesta, prolungando la custodia cautelare fino a 21 mesi. Ha ribadito i presunti rischi di fuga e la “gravità del reato”, affermando che le condizioni per un rilascio non sono cambiate.

L’udienza si è chiusa con l’annuncio che le prossime sedute si terranno il 14, 16, 19 e 22 gennaio, data in cui si prevede di pronunciare la sentenza.

#FreeMaja
#FreeAllAntifas
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Sintesi dell'udienza di Maja dell'8 ottobre e prossime udienze

Dalle 7 del mattino si è tenuta una nuova manifestazione di solidarietà per Maja.
A causa di sostanze maleodoranti e irritanti sparse sul luogo da alcuni nazi, i manifestanti si sono spostati più avanti, vicino al carcere.
L’auto del presidio è stata imbrattata dai fascisti, una cinquantina dei quali erano anche presenti davanti al tribunale.
All’interno, l’aula era gremita di giornalisti – tra cui media tedeschi e italiani – e di sostenitori. Alcuni fascisti sono riusciti a entrare in aula, dove il processo si è svolto ancora una volta in una stanza molto piccola.

Maja è stata portata in aula alle 8:53. Un uomo ha cercato di filmarla con il cellulare ed è stato allontanato.
Tra il pubblico erano presenti anche Dudog, uno dei fascisti coinvolti, e sua moglie. Da fuori si sentivano cori di solidarietà: “Free Maja!” e “Amore e forza a te in carcere!”
Come da programma, la giornata è stata dedicata all’interrogatorio del testimone (Tamas) e all’esame di nuovi materiali video provenienti dalla Germania, riguardanti altri imputati.

Il confronto tra Tamas e la coppia fascista
Tamas, il neonazista Dudog e sua moglie sono stati messi a confronto per chiarire contraddizioni nelle loro versioni.
Tamas aveva dichiarato che sulla giacca di Dudog c’erano simboli nazisti, mentre quest’ultimo ha portato in aula una giacca “pulita”, sostenendo che non vi fossero toppe. La moglie ha aggiunto che la polizia aveva già controllato i vestiti subito dopo i fatti. Tuttavia, nei video proiettati in aula si vede chiaramente un teschio delle SS sul berretto di Dudog, che lui ha definito “apolitico”.
Le versioni differivano anche riguardo all’aggressione: la donna sosteneva di essere stata colpita e svenuta, mentre Tamas ha detto di non aver visto nulla di simile, solo Dudog aggredito brevemente. Ha ribadito di aver raccontato ciò che ha visto senza motivazioni politiche. Il giudice ha considerato il confronto solo parzialmente risolutivo.

Proiezione dei video e documenti

Successivamente sono stati letti e proiettati lunghi rapporti della polizia tedesca e ungherese.
Le immagini erano di qualità pessima e spesso non identificabili: il tribunale e la procura cercavano di ricostruire spostamenti di diverse persone – Gabriele, Ilaria, Clara e Hanna basandosi su fotogrammi presi da tram, bar o telecamere di sorveglianza.
Nonostante in molti video non si riconoscesse nessuno con certezza, venivano fatte ipotesi e accuse. Maja veniva menzionata solo due volte, in modo marginale, ma anche in un’occasione deadnamed.
I resoconti risultavano disordinati e contraddittori, con molti riferimenti poco chiari.

Discussione sulla custodia cautelare

Verso fine udienza, l’avvocato di Maja ha chiesto che la custodia cautelare venga revocata e sostituita da libertà vigilata con cauzione, sottolineando che Maja è in isolamento da 18 mesi, ha sempre rispettato le regole e che il lungo sciopero della fame era stato un gesto di disperazione per le condizioni carcerarie.
La procura si è opposta, sostenendo che esiste ancora rischio di fuga e di recidiva, citando casi di altri imputati fuggiti o non estradati. Ha aggiunto che Maja non riconoscerebbe la giustizia ungherese e che le manifestazioni di solidarietà fuori dal tribunale dimostrerebbero i suoi legami con “ambienti antifascisti”.
Il tribunale ha respinto la richiesta, prolungando la custodia cautelare fino a 21 mesi. Ha ribadito i presunti rischi di fuga e la “gravità del reato”, affermando che le condizioni per un rilascio non sono cambiate.

L’udienza si è chiusa con l’annuncio che le prossime sedute si terranno il 14, 16, 19 e 22 gennaio, data in cui si prevede di pronunciare la sentenza.

#FreeMaja
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Two days after Russia invaded Ukraine, an account on the Telegram messaging platform posing as President Volodymyr Zelenskiy urged his armed forces to surrender. Now safely in France with his spouse and three of his children, Kliuchnikov scrolls through Telegram to learn about the devastation happening in his home country. The company maintains that it cannot act against individual or group chats, which are “private amongst their participants,” but it will respond to requests in relation to sticker sets, channels and bots which are publicly available. During the invasion of Ukraine, Pavel Durov has wrestled with this issue a lot more prominently than he has before. Channels like Donbass Insider and Bellum Acta, as reported by Foreign Policy, started pumping out pro-Russian propaganda as the invasion began. So much so that the Ukrainian National Security and Defense Council issued a statement labeling which accounts are Russian-backed. Ukrainian officials, in potential violation of the Geneva Convention, have shared imagery of dead and captured Russian soldiers on the platform. The account, "War on Fakes," was created on February 24, the same day Russian President Vladimir Putin announced a "special military operation" and troops began invading Ukraine. The page is rife with disinformation, according to The Atlantic Council's Digital Forensic Research Lab, which studies digital extremism and published a report examining the channel. So, uh, whenever I hear about Telegram, it’s always in relation to something bad. What gives?
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